L’ecologia ai tempi del Covid
Aggiornamento: 15 gen 2022
Ciao a tutti!
L’argomento di oggi è un tema importante per me e che è stato da molti affrontato in questi giorni di pandemia: l’ecologia ai tempi del Coronavirus.
Ho letto tanto sull’argomento, da post sui vari social ai giornali nazionali. Ciò che ho riscontrato, però è, come sempre, un’informazione errata o, nella maggior parte dei casi, incompleta.
Direte voi, ma tu Arianna che ne sai di ecologia da voler fare la morale a noi?
Beh, una risposta molto semplice: non sono nessuno! Solo, ho votato la mia vita all’insegna dell’ecologia: Sono vegetariana (anche se in pratica sono una vegana che una volta all’anno mangia uova), compro solo prodotti non confezionati e chilometro zero. La plastica? Un vago ricordo. E la moda? Non compro vestiti nuovi e, quando devo, controllo etichette ed etica del negozio in cui ho deciso di completare i miei acquisti.
Detto questo, di certo non sono un‘ecologista riconosciuta, nè voglio spacciarmi come tale. Semplicemente mi definisco una buona osservatrice e sono quindi in grado di notare ciò che accade intorno a me.
Il lato oscuro dell’inquinamento del Coronavirus
In tutta questa confusione che è diventata ormai parte della nostra routine, molti sono stati i riscontri positivi che hanno creato un ping pong di informazioni condivise sui vari social.
Animali che tornano nei mari italiani e mondiali ormai ripuliti; aria pulita che permette di rivedere il cielo... Esatto, ho letto sulla mia bacheca persone che, sorprese, si sono ritrovate un cielo stellato sulle loro teste.
Già questi argomenti in sé dovrebbero far ragionare. Come è possibile che ci si stupisca di una cosa così ”scontata” come le meraviglie di Madre Natura!? Come è possibile che la natura non faccia parte della vita di tutti i giorni di ogni individuo? Eppure, questa è un‘informazione che ormai, passivamente, abbiamo tutti. Ci siamo distaccati dalla natura. Ora, neanche scrivendo un intero trattato riuscirei a racchiudere tutto ciò che penso sull’argomento.
L’argomento che mi ha spinto ad aprire il mio pc e iniziare a buttar giù questo articolo è per parlare di un’altra forma di inquinamento, più subdola.
Infatti, tutti a parlare di quanto la qualità dell’aria sia migliorata (ed era ora! Dovrebbe essere sempre così!) ma nessuno si rende conto dei diecimila passi indietro fatti per quanto riguarda l’inquinamento dovuto al monouso.
La minaccia del Monouso
Solo pochi mesi fa si celebrava la scelta europea e mondiale di abbandonare il monouso nella continua ricerca di proteggere l’ambiente. E poi, ecco l’arrivo dell’incubo del nuovo decennio: il Coronavirus.
Questa pandemia ci ha fatto tornare indietro di anni per quanto riguarda determinate categorie.
Nel mio piccolo in Australia, dove mi trovo nel momento in cui le mie dita si muovono su questa tastiera, mi sento come appena scesa da una macchina del tempo.
Al mio arrivo in questa terra mi ero sentita soddisfatta nel vedere quanto avanti fossero sul tema ecologia: ognuno la propria borraccia, borse di tela per la spesa, caffè nei propri bicchieri... Insomma, una vera e propria rivoluzione ecologica se comparata alla diversa situazione presente in Italia, specie nelle piccole realtà del sud Italia.
Ora, e su questo possiamo essere tutti d’accordo, indipendentemente dal posto in cui viviamo, la situazione sembra essersi ribaltata.
La presenza di questa pandemia ha introdotto una serie di accortezze legate alla paura che ha portato un cambio drastico per quanto riguarda acquisti di diversa natura.
Pensiamo, solo per iniziare, ai beni alimentari. La paura del contagio ha fatto sì che gli acquisti vertessero sulla gamma di prodotti confezionati. Come si traduce questo? Scartati frutta e verdura poiché ”toccata da tutti”e prediletti prodotti con packaging quindi, plastica.
Non c’è bisogno poi di tornare troppo indietro con la memoria per rivivere la corsa all’Amuchina, diventato un bene di prima necessità, venduto a peso d’oro.
Quanti hanno poi iniziato ad ordinare a domicilio? Ottimo passatempo per ingannare la noia della “prigionia” e anche per far girare quel po’ di economia quasi ormai inesistente.
E gli acquisti da amazon? Un vero e proprio shopping terapeutico!
Tutto ciò è accaduto in Italia ma sappiamo bene che questo Coronavirus non porta di certo un marchio italiano.
Se andiamo ad amplificare il discorso su scala mondiale, diverse sono le variabili che si aggiungono come, ad esempio, l’acquisto di bevande calde quali il caffè, in contenitori monouso.
A tutto questo si aggiunge un acquisto del tutto nuovo: quello delle mascherine e dei guanti.
Quanti di voi si sono ritrovati ad utilizzare più e più volte prodotti monouso di questa categoria?
Bene. Ora, immaginate se moltiplicassimo tutto questo monouso per tutto il mondo... cosa succede a tutto questo monouso una volta finita la sua utilità? Si trasforma in una valanga di rifiuti che va ben oltre i piccoli traguardi citati all’inizio dell’articolo che i media tanto si divertono a pubblicare. un po’ come dire “Hey, guardate! Non guardate tutto il monouso che state accumulando ora, i mari sono più puliti!“.
Vero, ma dove finiranno tutti questi rifiuti targati “Coronavirus”?
Una nuova forma di economia anche per quanto riguarda la sostenibilità
Se siete arrivati fin qui vi starete chiedendo quale sia il mio punto. Forse penserete che io sia una pazza che sta chiedendo all’intero pianeta di smettere di preoccuparsi della prevenzione al virus, di comprare cibo infetto o di non utilizzare più Amuchina!
Niente di tutto ciò! Il motivo che mi ha spinto a scrivere è che, da laureata in Economia quale sono, non riesco a non rendermi conto che questo 2020 rimarrà nella storia non solo per questa pandemia del secolo ma per la nascita di una nuova forma di Economia.
Probabilmente, con il tempo dimenticheremo il terrore vissuto in questi mesi, come con la febbre spagnola, ma per ora il quadro sarà completamente diverso.
La normalità che tanto bramiamo di rivivere non ci sarà. Saremo terrorizzati dalle interazioni sociali, controlleremo mille volte se la forchetta del ristorante è stata pulita adeguatamente, disinfetteremo le mani anche appena svegli... ed ecco che entra in scena la nuova forma di economia di cui parlavo. Si preferiranno le consegne senza contatti con il corriere, mangeremo take away in contenitori sterili. Daremo il via alla nascita di tutta una nuova concezione di Business, con nuove forme di aziende, con servizi che in altri contesti avremmo definito futuristici.
Ed ecco il motivo della mia riflessione ormai portata per le lunghe: questo nuovo modo di vivere dovrà essere accompagnato da un’adeguata sostenibilità!
Noi come consumatori e le aziende come produzione di beni, dobbiamo cambiare il nostro modo di agire, di nuovo! Questo virus ci ha colti di sorpresa e ci ha colti impreparati ma non abbiamo più scuse. Dobbiamo adeguarci, dobbiamo evolverci.
E’ nostro dovere etico cambiare rotta. Il futuro che si prospetta è tutt’altro che tornare alla normalità. Che poi, parlandoci chiaramente, non sarebbe meglio iniziare da zero che tornare al mondo di ingiustizie in cui vivevamo?
Saremo costretti ad utilizzare Amuchina? Che sia reperibile in packaging eco sostenibili!
Mascherine obbligatorie? Che siano riutilizzabili!
Nel mio piccolo tutto questo sta già succedendo ma dobbiamo, insieme, di nuovo, chiedere alle grandi aziende di cambiare rotta.
Per anni abbiamo lottato per allevamenti più umani; abbiamo chiesto alle grosse aziende di rinunciare all’utilizzo di un packaging inutile... Ora ci tocca tornare al punto di partenza e richiedere alle aziende la creazione di una nuova forma di economia ecologica.
Solo insieme riusciremo a far fronte a questa situazione surreale che è stata il 2020 per non ritrovarci con interi continenti colmi di rifiuti.
Ma non bastano le parole, non basta condividere un post su Facebook per tacitarsi la coscienza. Bisogna agire, ognuno nel suo piccolo.
Non è mai troppo tardi per smettere di migliorarsi e noi esseri umani più volte abbiamo mostrato di essere fenomenali nel realizzare l’impossibile.
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